Si tratta di un effetto ottico grazie al quale la luce viene scomposta nei suoi colori primari. Nel campo del vetro l'iridescenza è determinata dalla formazione sulla superficie di sottili strati (molto vicini alla gamma della luce visibile) con indice di rifrazione diverso da quello del vetro.
Questo fenomeno può avvenire sia naturalmente che artificialmente.
In primo luogo è dovuto ad alterazioni della superficie del vetro da parte dell'acqua, come nelle vetrerie antiche; nel secondo caso l'alterazione è ottenuta mediante deposizione di ossidi metallici sotto calore. A Murano l'iridescenza viene solitamente ottenuta esponendo il manufatto in vetro, ad una temperatura di circa 600 gradi centigradi, ai vapori di tetracloruro di stagno che si decompongono e formano sulla superficie depositi di ossido di stagno ad elevato indice di rifrazione e particolarmente resistente all'usura.
Questa tecnica, tipica della laguna veneziana, non si avvicina mai alla raffinatezza degli articoli boemi o americani realizzati dalle vetrerie Loetz e Tiffany. Viene utilizzato da tutte le grandi fornaci a partire dalla fine degli anni '20, sia su vasi che su figure, per impreziosire gli oggetti soprattutto se eseguiti in vetro trasparente incolore.
L'iridizzazione è una tecnica di finitura che Carlo Scarpa utilizzava frequentemente per conferire un aspetto particolare, più o meno appariscente, a molti vetri disegnati per Venini & C. , che assumono un aspetto particolare dopo essere stati esposti ai fumi di stagno o titanio.
Nel 1940 la VII Triennale di Milano e la XXII Biennale di Venezia presentarono alcuni oggetti realizzati con questa tecnica. Caratteristici erano i vetri piombati, che ricordano la solidità del metallo, che generalmente venivano prodotti sovrapponendo vari strati di vetro colorato.
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